Propulsione Umana - Human Powered Vehicles Italia

Mike Burrows - Il ritorno del prodigo

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Su proposta degli amici del British Human Power Club, i nostri ‘omologhi’ britannici, iniziamo una collaborazione che, per ora, prevede uno scambio di articoli su argomenti tecnici, associativi o altri comuni alle due associazioni. Grazie a Fraser Tomsett per avere promosso l’iniziativa. Naturalmente, questo vuole essere anche un incoraggiamento a produrre contributi su qualunque argomento in tema di propulsione umana che diano un segno di vitalità da parte nostra.

La prima proposta da oltremanica è un articolo di Mike Burrows, noto progettista di tanti HPV, con le sue considerazioni sui rapporti con il mondo del ciclo tradizionale e sullo sviluppo del fenomeno HPV nell'arco di un periodo di durata già rilevante.

Il ritorno del prodigo

Si dice che sette è un numero fortunato. Che lo sia o meno, ho impiegato sette anni per concludere che viaggi, fama e ricchezze (molto poche) non sono poi ciò che ci si può aspettare, tanto più che l’U.C.I. [Union  Cycliste Internationale] respingeva tutto ciò che progettavo …

D’altra parte, non è stato nemmeno tutto negativo. Una bella coincidenza è stata quando gli olandesi hanno accettato di ospitare i mondiali per la prima volta, e per di più a Lelystad dove il caso vuole che si trovi la sede di Giant Europa, dove il Mercury Hotel era praticamente diventato casa mia, e dove ben presto ogni sera ci si ritrovava in una hall piena di veicoli a propulsione umana.

L’evento è riuscito benissimo, con la maggior partecipazione mai vista e grande presenza di pubblico. Ho perfino partecipato, forse per l’ultima volta con la Speedy, e nella 6 ore stavo andando  molto bene finché non sono quasi morto (!), in quanto quello che bevevo è risultato non essere un integratore energetico bensì un dubbio prodotto contro i crampi. A quanto ricordo, quel primo evento, dei molti tenuti a Lelystad, non comprendeva ‘Cyclevision’, la mostra del ciclo reclinato che poi è diventato il ‘grande evento’ europeo, con l’ultimo a Tilburg ormai molto simile a una vera fiera del ciclo.

Ma questi lati positivi sono stati rari, così ho salutato i miei amici della Giant per tornare nel modo reale in cui dovevo guadagnarmi da vivere (e nemmeno questa è la cosa più simpatica). D’altra parte ciò significa che potevo tornare a progettare e costruire le bici che mi piacciono. C’era il problema che avevo passato la Speedy a Bob e che costruire un altro trike sembrava stupido, quindi dovevo tornare alle bici. Un altro piccolo problema era che mentre io ero altrove a tentare di portare anche solo minuscoli cambiamenti nel mondo del ‘sacro [telaio a] diamante’, il mondo reclinato aveva attraversato un cambiamento non da poco, quello dell’altezza, ed io non vi ero esattamente preparato.

Per Giant avevo realizzato un prototipo niente male che gli permettesse in qualche modo di sondare le acque, ma la sonda non ha toccato la superficie, e alla mostra di Colonia il mio prototipo non ha suscitato domande da un solo rivenditore. Non importa, a me piaceva e, con alcune modifiche, divenne veramente carino, benché non fosse ancora una la Ratcatcher 9 da collezione. Non ne sono state costruiti o venduti molti ma, grazie ad alcune idee ispirate, mi ha permesso almeno di vincere qualche gara qua e là nel giro delle competizioni di velocità.

Un paio d’anni dopo il mio rientro nel giro ho finalmente trovato il coraggio per progettare una low racer, fortemente ispirato dalle vicende Ratracer B2con Mr. Larrington, che mi doppiava regolarmente. Low racer che naturalmente fu la Ratracer, praticamente la cosa che più si avvicina a un fantastico missile Ferrari a due ruote, il giocattolo in testa ai desideri di ogni vero uomo. Benché ora pare che siano in buona parte le signore ad usare quei giocattoli.

Altro cambiamento decisamente piacevole, che nelle competizioni ha visto crescere la percentuale di esponenti del gentil sesso nel  popolo ciclistico ‘storico’.

Ma il dominio delle low racer non era la sola novità nelle griglie di partenza. Infatti la supremazia era passata dai veicoli autocostruiti a quelli di produzione commerciale, sia in termini numerici che di vittorie. Sette anni prima era il momento delle Kingcycle, delle Speedy o dei mezzi ‘fai da te’. Ora c’era una vasta gamma di mezzi da competizione in gran parte progettati e costruiti bene, sia high che low racer e, grazie ai produttori asiatici, a prezzi competitivi. Tramontava la mia idea che il mondo reclinato avrebbe potuto essere l’ultima spiaggia dei produttori europei del ciclo, dato che a Taiwan sembrano essere in grado di gestire quantitativi di ogni livello, dalle dieci unità agli svariati milioni a cui i nostri amici ci hanno abituato.

I responsabili del fenomeno? Be’, noi. Il BHCP [British Human Power Club] è stato creato allo scopo di promuovere i veicoli a propulsione umana in tutte le loro forme, ed il successo ha superato anche le previsioni più ottimistiche. Oggi questi veicoli vengono utilizzati per gare, viaggi e mobilità quotidiana in tutto il mondo. Ai mondiali 2005 gli olandesi hanno brindato al superamento delle 50.000 vendite (nominali).

Non è esattamente il boom della mountain bike, ma una crescita decisamente florida, sostenuta (finora) da una pubblicità molto poco martellante, e sospetto che questo sia dovuto al fatto che non solo permettiamo, ma promuoviamo decisamente la sperimentazione. Perché mai dovremmo bloccarla?

Quindi stiamo migliorando la qualità e la velocità, a differenza del mondo stagnante del ciclo a triangoli, dove colori e design sono elementi distintivi.

Una lieve preoccupazione per uno come me che, arrivato a una certa età con trent’anni di attività, inizia a fare una certa abitudine allo status quo, è che la sperimentazione rimane inesorabilmente orientata verso il basso.

Mike Burrows

 

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